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Privacy e responsabilità genitoriale: quando i social dei figli diventano un problema legale

Tribunale di Brescia, Sentenza n. 879/2025: con questa pronuncia, la giurisprudenza italiana introduce un nuovo standard di diligenza per i genitori nella gestione dell’attività online dei figli minorenni. I fatti, seppur gravi, non sono isolati: una ragazza, con lieve ritardo cognitivo, crea profili falsi sui social e diffonde contenuti diffamatori e manipolati tramite intelligenza artificiale, con lo scopo di screditare una coetanea. I genitori, pur dichiarando di non sapere nulla, sono condannati a risarcire 15.000 euro per culpa in educando e in vigilando. La sentenza chiarisce che nel mondo digitale non è più sufficiente “esserci”: occorre vigilare attivamente.

Vediamo, quindi, i punti chiave che ogni genitore – e, per estensione, ogni imprenditore attento al benessere sociale e alla compliance interna – dovrebbe conoscere.

Privacy e responsabilità genitoriale: quando i social dei figli diventano un problema legale

La responsabilità genitoriale si estende anche nel digitale

L’art. 147 del Codice Civile affida ai genitori il compito di educare, istruire e assistere moralmente i figli. Oggi, questa funzione si estende alla dimensione digitale, che non può più essere considerata un ambito “privato” o estraneo all’educazione domestica. Il minorenne che accede a social network o strumenti di intelligenza artificiale genera potenziali rischi non solo per sé, ma anche per altri soggetti: è in questo spazio che la responsabilità dei genitori deve esercitarsi con consapevolezza.

Il Codice Civile parla chiaro: artt. 2047 e 2048

Il combinato disposto degli articoli 2047 (responsabilità per fatto dell’incapace) e 2048 (culpa in educando e in vigilando) fonda la responsabilità civile dei genitori. Nel caso deciso dal Tribunale di Brescia, il giudice ha ritenuto che i genitori non avessero predisposto un controllo effettivo sull’utilizzo dei dispositivi digitali da parte della figlia, né avessero saputo individuare per tempo segnali di disagio o comportamenti a rischio. Non basta dimostrare di avere impartito “regole generiche”: serve la prova di un controllo costante, calibrato sull’età, la maturità e le condizioni del minore.

La supervisione attiva come obbligo giuridico

Il termine “supervisione” assume un significato tecnico-giuridico: non equivale a semplice sorveglianza passiva. La Corte chiarisce che i genitori sono tenuti a verificare con regolarità i contenuti condivisi, le interazioni e le applicazioni utilizzate dai figli. In particolare, quando il minore presenta una condizione di fragilità – come un ritardo cognitivo – l’obbligo di vigilanza si rafforza. Nel caso di specie, la creazione di contenuti manipolati con IA avrebbe dovuto insospettire i genitori, che avrebbero potuto – e dovuto – intervenire tempestivamente.

Privacy dei minori: diritto tutelato, ma non assoluto

La privacy dei figli minorenni è un diritto riconosciuto, ma non può diventare un pretesto per eludere l’obbligo di protezione genitoriale. Come ha affermato la Cassazione penale nella sentenza n. 7470/2024, il diritto alla riservatezza cede il passo di fronte all’interesse prevalente alla tutela del minore, soprattutto quando la condotta digitale può esporre a danni terzi soggetti o lo stesso autore. Controllare un profilo social, leggere un messaggio sospetto, limitare l’accesso a contenuti inappropriati non costituiscono una violazione, ma l’esercizio responsabile della funzione educativa.

Rilevanza delle conseguenze giuridiche ed economiche

Nel caso esaminato, la responsabilità civile si è concretizzata in una condanna al risarcimento di 15.000 euro. Ma l’aspetto economico è solo uno degli effetti. Il Tribunale ha ribadito che l’omessa vigilanza rappresenta un comportamento colposo giuridicamente rilevante, idoneo a fondare la responsabilità diretta del genitore. In prospettiva, questa impostazione potrebbe consolidarsi anche in ambito penale o disciplinare (es. per insegnanti, educatori, datori di lavoro). Da qui la necessità di prevenire, attraverso strumenti di controllo proporzionati, formazione digitale e dialogo continuo con i figli.
La sentenza del Tribunale di Brescia rappresenta un segnale chiaro: la responsabilità genitoriale evolve con la tecnologia. Nell’era dei social media, l’educazione familiare passa anche – e soprattutto – attraverso la competenza digitale. Per i genitori, l’obbligo non è solo di vigilare, ma di farlo in modo attivo, informato e adattato al contesto. Un principio che, nel medio periodo, potrà essere esteso anche ai contesti aziendali, scolastici e associativi, dove l’uso delle tecnologie digitali da parte dei minori o dei soggetti vulnerabili richiede attenzione, strumenti e formazione continua.

Filed Under: Approfondimento, Gabriele Tagged With: Privacy, responsabilità genitoriale, social

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