Nel diritto di famiglia, il tema del mantenimento dei figli maggiorenni è un aspetto delicato che spesso genera contenziosi, soprattutto riguardo alla durata del supporto economico e all’onere della prova. In generale, il mantenimento non si esaurisce automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma può proseguire qualora il figlio non abbia ancora raggiunto l’autosufficienza economica. Tuttavia, la legge e la giurisprudenza richiedono che tale situazione sia provata adeguatamente, stabilendo chi deve fornire le prove necessarie.
La recente sentenza n. 24731/2024 della Corte di Cassazione ha fatto ulteriore chiarezza su questo tema, specificando che, una volta raggiunta la maggiore età, è il figlio a dover dimostrare di non essere economicamente indipendente per continuare a beneficiare del mantenimento. La Corte ha posto l’accento sul principio di autoresponsabilità e sull’importanza di una partecipazione attiva del figlio nel proprio percorso formativo e lavorativo.
L’Onere della Prova e l’Autoresponsabilità
Tradizionalmente, il mantenimento dei figli è stato concepito come un dovere che il genitore deve adempiere fino a quando il figlio non raggiunge l’autonomia economica. Tuttavia, con il raggiungimento della maggiore età, la giurisprudenza ha progressivamente evoluto l’interpretazione di questo concetto, introducendo il principio di autoresponsabilità. Questo principio impone al figlio maggiorenne di attivarsi per raggiungere la propria indipendenza economica, attraverso lo studio o la ricerca di un lavoro.
L’onere della prova per dimostrare la necessità di proseguire il mantenimento, secondo la Cassazione, ricade sul figlio stesso. Il giovane adulto deve dimostrare, con fatti concreti, di non essere in grado di mantenersi autonomamente a causa di fattori esterni, come la prosecuzione di studi regolari o l’assenza di opportunità lavorative, ma sempre dimostrando impegno e continuità.
Il Ruolo del Giudice e la Valutazione delle Circostanze
Nel quadro delineato dalla sentenza, il ruolo del giudice di merito è fondamentale nella valutazione del caso. Il giudice deve analizzare attentamente le circostanze specifiche che giustificano il mantenimento, evitando generalizzazioni. È necessario considerare fattori come l’età del figlio, il suo percorso formativo e il mercato del lavoro di riferimento.
La Corte ha chiarito che non è sufficiente una semplice dichiarazione di iscrizione a un corso di studi per proseguire il mantenimento; occorre dimostrare la serietà dell’impegno e la regolarità nello svolgimento degli studi. Allo stesso modo, se il figlio ha intrapreso un’attività lavorativa, anche saltuaria o precaria, è fondamentale valutare se tale attività gli consente di essere effettivamente autosufficiente o se richiede ancora un supporto economico.
Autonomia Economica e Età del Figlio
La sentenza della Cassazione ha inoltre ribadito che la valutazione dell’autosufficienza economica del figlio maggiorenne non si basa solo sul reddito attuale, ma deve includere una stima delle prospettive future. Più il figlio avanza con l’età, più è ragionevole aspettarsi che raggiunga una piena autonomia, a meno che non vi siano circostanze oggettive che ne impediscano l’indipendenza.
Ad esempio, un giovane che ha intrapreso un percorso universitario può avere diritto al mantenimento se dimostra di frequentare con profitto e regolarità. Tuttavia, in caso di scelte di vita o professionali non coerenti con un percorso finalizzato all’autosufficienza, il genitore può richiedere la cessazione del mantenimento. La Cassazione ha chiarito che non basta un’iscrizione a corsi di studio protratti senza risultati per mantenere il diritto all’assegno.
Funzione Educativa del Mantenimento
Un altro punto rilevante riguarda la funzione educativa del mantenimento. Il contributo economico del genitore, secondo la Corte, non deve essere visto solo come un obbligo assistenziale, ma anche come uno strumento per accompagnare il figlio verso l’autonomia. Per questo motivo, il mantenimento non può essere prolungato indefinitamente, ma deve essere progressivamente ridotto quando il figlio dimostra capacità lavorative o prospettive economiche indipendenti.
L’obbligo di mantenimento deve essere visto come temporaneo, legato al raggiungimento di tappe fondamentali nel percorso formativo o lavorativo del figlio. Proprio per questo, la sentenza invita i giudici di merito a considerare il tempo trascorso dalla fine della scuola dell’obbligo o del ciclo universitario e a valutare se il figlio abbia avuto opportunità sufficienti per inserirsi nel mondo del lavoro.
Conclusioni
La sentenza n. 24731/2024 della Corte di Cassazione rappresenta un’importante conferma della progressiva evoluzione del concetto di mantenimento dei figli maggiorenni, richiamando l’attenzione sul principio di autoresponsabilità. Il mantenimento non è un diritto assoluto e incondizionato, ma dev’essere giustificato da una partecipazione attiva del figlio nella ricerca della propria autonomia economica.
In un contesto in cui i giovani affrontano difficoltà crescenti nel trovare occupazioni stabili e adeguatamente retribuite, la sentenza offre indicazioni chiare: il mantenimento deve essere un incentivo verso l’indipendenza e non un supporto indefinito. Pertanto, il figlio deve dimostrare con prove concrete la sua impossibilità di raggiungere l’autosufficienza economica e il giudice deve valutare caso per caso le specifiche condizioni.
Per i genitori e i figli coinvolti in queste controversie, è fondamentale comprendere che il mantenimento non è più un obbligo perpetuo, ma richiede un impegno reciproco tra genitori e figli verso l’autonomia economica del giovane adulto.