L’assegno di divorzio è un tema di grande rilevanza nel diritto di famiglia e spesso oggetto di contenziosi complessi. La sua concessione, il calcolo dell’importo e i criteri che ne giustificano la revoca sono punti cruciali di discussione, soprattutto in contesti in cui vi è un netto squilibrio economico tra i due ex coniugi. Negli ultimi anni, la giurisprudenza ha evoluto la sua interpretazione, ampliando il dibattito oltre la semplice funzione assistenziale, includendo anche una dimensione compensativa e perequativa.
L’assegno di divorzio non è più considerato un mero strumento per garantire la sopravvivenza del coniuge economicamente più debole. Le recenti sentenze della Corte di Cassazione, come quella n. 24795/2024, ribadiscono che il contributo deve tenere conto delle circostanze più ampie della relazione matrimoniale, considerando sia il sacrificio che il coniuge meno abbiente ha fatto durante il matrimonio sia la necessità di mantenere un equilibrio economico tra le parti.
L’evoluzione dell’Assegno di Divorzio
Tradizionalmente, l’assegno di divorzio veniva concesso esclusivamente con una funzione assistenziale: garantire un minimo di sostentamento al coniuge che, a seguito del divorzio, si trovava in una situazione economica di svantaggio rispetto all’altro. Questo approccio, basato principalmente sul concetto di autosufficienza economica, prevedeva che l’ex coniuge più debole avesse diritto a un contributo per colmare il divario economico, garantendogli uno standard di vita dignitoso, simile a quello goduto durante il matrimonio.
Tuttavia, nel corso del tempo, il concetto di assegno divorzile si è ampliato. Le più recenti interpretazioni giurisprudenziali hanno integrato la funzione compensativa e perequativa. In altre parole, l’assegno di divorzio non serve solo a coprire il fabbisogno del coniuge meno abbiente, ma ha anche lo scopo di compensare i sacrifici fatti durante il matrimonio. Ciò riguarda, ad esempio, l’abbandono del lavoro o delle opportunità di carriera per occuparsi della famiglia e del benessere comune.
Allo stesso tempo, l’assegno di divorzio deve essere visto come uno strumento per riequilibrare eventuali disparità economiche emerse dopo il divorzio, basandosi su una valutazione complessiva della situazione patrimoniale e reddituale dei due ex coniugi. Questa evoluzione riflette un principio di solidarietà post-coniugale, che rimane fondamentale anche dopo la cessazione del vincolo matrimoniale.
I Principi della Sentenza n. 24795/2024
Con l’ordinanza n. 24795/2024, la Corte di Cassazione ha fornito ulteriori chiarimenti sui criteri che giustificano la concessione o la revoca dell’assegno di divorzio, ponendo l’accento sulla necessità di considerare l’assegno in modo integrato.
La Corte ha ribadito che, per determinare se e quanto l’assegno sia dovuto, il giudice deve valutare tre elementi fondamentali:
- Funzione assistenziale: garantire un sostegno economico al coniuge che, a causa della separazione, non dispone di mezzi propri sufficienti per mantenere un tenore di vita dignitoso.
- Funzione compensativa: riconoscere e compensare i sacrifici fatti da uno dei coniugi durante il matrimonio, soprattutto quando questi sacrifici hanno limitato la capacità del coniuge meno abbiente di costruirsi una carriera o una stabilità economica autonoma. La Corte ha sottolineato che questo aspetto assume un peso particolare nei matrimoni di lunga durata, dove il contributo del coniuge economicamente più debole è spesso di natura non finanziaria, ma legato al sostegno della famiglia e alla gestione domestica.
- Funzione perequativa: riequilibrare le disparità economiche tra i coniugi, soprattutto quando queste siano il risultato di scelte compiute in comune durante il matrimonio. Questo significa che l’assegno non deve essere concepito come una mera forma di sostegno, ma come uno strumento per bilanciare le disuguaglianze economiche create dal divorzio.
Valutazione dello Squilibrio Economico
Un aspetto centrale della sentenza è la valutazione dello squilibrio economico tra i coniugi. La Corte ha evidenziato che la condizione di autosufficienza del coniuge economicamente più debole non può essere valutata esclusivamente sulla base del reddito attuale, ma deve tenere conto delle potenzialità economiche future e del contributo fornito durante il matrimonio.
Nel caso specifico, la Corte ha chiarito che, anche se uno dei coniugi possiede un reddito minimo o una piccola proprietà immobiliare, questo non significa automaticamente che non abbia diritto a un assegno. È necessario valutare se tali risorse siano effettivamente sufficienti a garantire un tenore di vita adeguato e, soprattutto, considerare quanto la vita matrimoniale abbia limitato le opportunità professionali e personali del coniuge che richiede l’assegno.
Inoltre, è stato sottolineato che la revoca dell’assegno può essere giustificata solo quando vi sia una chiara dimostrazione che il coniuge richiedente sia in grado di mantenersi autonomamente o quando l’ex coniuge obbligato al pagamento dimostri l’impossibilità economica di far fronte all’onere.
Contributo alla Vita Familiare
Un ulteriore elemento analizzato dalla Corte riguarda il contributo del coniuge economicamente più debole alla vita familiare. La sentenza ha ribadito che il giudice deve valutare attentamente quanto il coniuge richiedente abbia sacrificato in termini di opportunità professionali e di sviluppo personale per sostenere la famiglia durante il matrimonio.
Questo contributo, che può consistere nel prendersi cura dei figli, nella gestione della casa o nel supportare la carriera del coniuge economicamente più forte, deve essere compensato attraverso l’assegno di divorzio, soprattutto quando tali sacrifici hanno limitato le prospettive future di autosufficienza del coniuge più debole.
Conclusione
La sentenza n. 24795/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante conferma del percorso evolutivo del concetto di assegno divorzile, evidenziando come la sua concessione debba essere basata su una valutazione integrata che tenga conto delle funzioni assistenziali, compensative e perequative. Il contributo fornito dal coniuge meno abbiente durante il matrimonio, la disparità economica tra le parti e la capacità di autosostentamento sono tutti elementi che devono essere considerati con attenzione.
Per gli avvocati e i professionisti del diritto di famiglia, questa sentenza rappresenta una guida chiara su come costruire la difesa o la richiesta di un assegno di divorzio, garantendo che venga valutato non solo il bisogno economico immediato, ma anche il contesto più ampio della vita matrimoniale e delle scelte comuni fatte durante la relazione.