Nella sentenza della Corte di Cassazione n. 2947 del 2025, si esamina la complessa situazione di una minore a seguito della separazione dei genitori che non vivono più insieme. Inizialmente, il Tribunale di Napoli aveva affidato la minore a entrambi i genitori, stabilendo una residenza privilegiata presso la madre. Tuttavia, il padre ha successivamente sollevato preoccupazioni riguardo ai comportamenti ostruzionistici della madre, provocando una serie di interventi giudiziari che hanno portato a una revisione dell’affidamento.

Affido esclusivo al padre
Il Tribunale di Napoli ha deciso di modificare l’originaria disposizione sull’affidamento della minore dopo aver attentamente analizzato il contesto familiare e rilevato gravi comportamenti pregiudizievoli da parte della madre. In particolare, la donna aveva manifestato un atteggiamento ostruzionistico nei confronti dell’altro genitore, limitando o rendendo difficoltoso il rapporto della figlia con il padre. Tale condotta è stata ritenuta dannosa per l’equilibrio psicologico della minore, ostacolando il principio della bigenitorialità, che rappresenta un pilastro fondamentale nelle decisioni in materia di affidamento dei figli.
La valutazione della situazione familiare è stata condotta attraverso una serie di approfondimenti istruttori, tra cui l’ascolto delle parti, l’analisi delle condizioni di vita della minore e, soprattutto, l’elaborazione di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU).
Nella sua decisione, il Tribunale ha ribadito l’importanza di assicurare al minore il diritto di mantenere un legame equilibrato con entrambi i genitori, garantendo la presenza costante di entrambe le figure di riferimento. La bigenitorialità, infatti, non si esaurisce nella semplice condivisione del tempo trascorso con il figlio, ma implica una partecipazione effettiva di entrambi i genitori alla sua crescita, all’educazione e al sostegno affettivo. Quando uno dei genitori dimostra di non favorire tale equilibrio, anzi, lo compromette con atteggiamenti ostili o di esclusione, il giudice ha il dovere di intervenire per ristabilire un assetto che garantisca il benessere del minore, come avvenuto in questo caso.
Di conseguenza, il Tribunale ha disposto l’affidamento esclusivo della minore al padre, stabilendo un calendario di visite regolato per la madre, al fine di preservare il legame genitoriale, ma senza compromettere la stabilità emotiva della bambina. Contestualmente, è stato imposto un contributo economico a carico della madre per il mantenimento della figlia, a dimostrazione di come la responsabilità genitoriale non si esaurisca con la convivenza, ma debba essere garantita anche sotto il profilo economico e educativo.
Questa decisione si inserisce in un più ampio quadro giurisprudenziale volto a tutelare l’interesse superiore del minore, che non può essere subordinato ai conflitti tra i genitori, ma deve sempre prevalere nelle scelte giudiziarie in materia di affidamento.
Principio dell’ascolto del minore
Nonostante la decisione del Tribunale di Napoli, che aveva affidato la minore in via esclusiva al padre sulla base di un’attenta valutazione della sua situazione familiare, la Corte d’Appello ha accolto il reclamo presentato dalla madre, ribaltando l’assetto precedentemente disposto. In particolare, la Corte ha ritenuto di dover dare priorità al desiderio espresso dalla minore, la quale, nel corso dell’ascolto, aveva manifestato la volontà di tornare a vivere con la madre a Napoli.
Tale decisione si è basata sul principio dell’ascolto del minore, sancito sia dalla normativa nazionale che dalle convenzioni internazionali, come la Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo e l’art. 8 della CEDU. Secondo la giurisprudenza, il parere del minore deve essere considerato dal giudice quando egli abbia raggiunto un livello di maturità sufficiente a esprimere una volontà consapevole. Tuttavia, tale volontà non può essere l’unico elemento determinante nella decisione sull’affidamento, soprattutto quando emergono altri fattori di rischio o pregiudizio che potrebbero influenzare il benessere del bambino.
L’interesse superiore del minore deve sempre prevalere
La Corte di Cassazione ha infine ribaltato la decisione della Corte d’Appello, sottolineando come quest’ultima avesse dato un peso eccessivo al desiderio immediato della minore, trascurando di valutare adeguatamente l’impatto a lungo termine della situazione familiare sulla sua crescita e benessere. La Cassazione ha riaffermato il principio che, nelle questioni di custodia, l’interesse superiore del minore deve sempre prevalere e essere valutato all’interno di un contesto più ampio che includa anche la capacità dei genitori di agire nel suo migliore interesse.
Questa sentenza pone importanti riflessioni per il diritto di famiglia, enfatizzando la necessità di un approccio equilibrato e meditato nelle decisioni relative alla custodia dei minori. Mostra anche come i tribunali debbano operare con una visione comprensiva delle dinamiche familiari e del potenziale impatto delle loro decisioni sulla vita dei bambini coinvolti. Per gli avvocati specializzati in diritto di famiglia, questo caso rappresenta un esempio significativo della complessità delle questioni di custodia e della necessità di un’approfondita valutazione.