La separazione coniugale è un momento complesso, non solo dal punto di vista emotivo, ma anche sotto il profilo legale. La recente sentenza della Cassazione Civile n. 32349/2024 ha ribadito alcuni principi chiave in materia di assegno di mantenimento, affidamento dei figli e divisione della casa coniugale. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere quali sono i diritti e i doveri di ciascun coniuge e come la legge tutela gli interessi dei minori coinvolti.
In questo articolo, analizzeremo i punti principali della sentenza, illustrando il suo impatto con esempi pratici per aiutare chi si trova in una situazione simile a orientarsi meglio.

Assegno di mantenimento: il criterio del tenore di vita pregresso
Uno degli aspetti più importanti riguarda la determinazione dell’assegno di mantenimento per il coniuge economicamente più debole. Secondo la Cassazione, il giudice deve valutare il tenore di vita goduto dalla coppia durante il matrimonio, considerando non solo il reddito dichiarato, ma anche il patrimonio complessivo e le spese abituali.
Cosa significa in pratica?
- Se il coniuge richiedente ha sempre vissuto in un contesto economicamente agiato, potrà ottenere un assegno di mantenimento che gli permetta di conservare uno stile di vita simile a quello precedente.
- Il giudice può indagare su redditi non dichiarati, beni immobili o altre entrate, utilizzando strumenti come le indagini fiscali o le perizie patrimoniali.
- L’assegno può essere negato se il coniuge ha un’indipendenza economica sufficiente o ha volontariamente rinunciato a opportunità lavorative senza giustificato motivo.
Esempio pratico:
Un coniuge che, durante il matrimonio, ha gestito un’attività imprenditoriale con ingenti entrate, non può sostenere di non avere redditi per evitare il mantenimento. Il giudice potrebbe analizzare la sua reale disponibilità finanziaria, valutando il possesso di immobili, conti bancari o aziende.
L’addebito della separazione: quando viene riconosciuto?
La sentenza ribadisce che l’addebito della separazione può essere attribuito a uno dei coniugi solo se si dimostra che il suo comportamento ha determinato la rottura del matrimonio. Il giudice valuta:
- Violazioni dei doveri coniugali (fedeltà, assistenza morale e materiale, convivenza).
- Conflitti coniugali aggravati da comportamenti lesivi della dignità dell’altro coniuge.
- Prove concrete, come testimonianze, documenti e rapporti investigativi.
Cosa succede in pratica?
Se un coniuge prova che l’altro ha intrapreso una relazione extraconiugale stabile e continuativa, con prove documentali o testimonianze, la Corte può attribuire l’addebito della separazione, con conseguenze anche sul diritto al mantenimento.
L’affidamento e la collocazione dei figli
Il principio cardine nelle decisioni sui figli è sempre il loro interesse superiore. La Cassazione ha confermato che la collocazione dei figli non è automatica, ma dipende da:
- La stabilità affettiva e abitativa garantita dal genitore collocatario.
- Le capacità educative e il coinvolgimento nella vita dei figli.
- L’età dei figli e le loro esigenze personali.
Cosa succede se entrambi i genitori chiedono l’affidamento prevalente?
Il giudice può stabilire che il figlio resti con il genitore che garantisce maggiore continuità educativa e relazionale, pur assicurando il diritto di visita all’altro genitore.
Esempio pratico:
Un padre chiede la collocazione prevalente della figlia, sostenendo di avere una maggiore stabilità economica. Tuttavia, il giudice stabilisce che la bambina resti con la madre perché più presente nella sua vita quotidiana e in grado di offrire maggiore continuità affettiva.
La divisione della casa coniugale: chi ha diritto a rimanerci?
Uno dei temi più dibattuti è la destinazione della casa familiare dopo la separazione. La regola generale stabilisce che:
- Se ci sono figli minorenni o non ancora economicamente indipendenti, la casa viene assegnata al genitore con cui i figli vivono stabilmente.
- Se i figli sono indipendenti, il giudice può valutare una divisione dell’immobile o la vendita per ripartire il ricavato tra i coniugi.
- Se la casa è di proprietà esclusiva di uno dei due coniugi, l’altro può continuare ad abitarla solo se ha ottenuto l’assegnazione a favore dei figli.
Esempio pratico:
Dopo la separazione, uno dei coniugi chiede di dividere l’abitazione in due unità, sostenendo che non ci siano conflitti con l’ex partner. Tuttavia, il giudice respinge la richiesta, ritenendo che una convivenza forzata potrebbe generare tensioni dannose per i figli.
Contributo alle spese straordinarie per i figli: chi paga cosa?
Oltre all’assegno di mantenimento, il genitore non collocatario deve contribuire alle spese straordinarie, che comprendono:
- Spese mediche non coperte dal SSN (terapie specialistiche).
- Attività extrascolastiche di rilievo (corsi sportivi agonistici, studio all’estero).
- Acquisto di strumenti didattici importanti (computer per la scuola).
Cosa succede se un genitore si rifiuta di pagare?
Se il genitore obbligato non versa la sua quota, l’altro può chiedere il rimborso con un’azione giurisdizionale in sede civile. Può, inoltre, essere valutata anche una denuncia-querela in sede penale.
Esempio pratico:
Un figlio viene ammesso a un corso di studi all’estero, ma uno dei genitori rifiuta di contribuire alle spese. Il giudice, verificata l’importanza dell’opportunità educativa, obbliga il genitore a partecipare economicamente, in proporzione alle sue possibilità.
La Cassazione Civile n. 32349/2024 fornisce una guida chiara sui diritti e i doveri delle parti coinvolte in una separazione. Le decisioni su mantenimento, affidamento dei figli e assegnazione della casa coniugale devono sempre essere prese nel rispetto della legge e nell’interesse dei soggetti più vulnerabili, come i figli.
Se ti trovi in una situazione simile e hai bisogno di chiarimenti legali, è consigliabile rivolgersi a un avvocato esperto in diritto di famiglia per ricevere una consulenza personalizzata.