La controversia tra un’aspirante dipendente e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) nasce dalla pubblicazione di una graduatoria di selezione per il telelavoro da parte dell’ASI, nella quale venivano inclusi i punteggi attribuiti ai candidati. Una dei candidati, lamentava che tale divulgazione avesse implicitamente rivelato informazioni sensibili sul suo stato di salute, poiché il punteggio elevato era direttamente correlato alla sua disabilità. Il Tribunale e successivamente la Corte d’Appello di Roma avevano respinto la sua richiesta di risarcimento, giudicando la pubblicazione legittima sotto il profilo della trasparenza e della correttezza del processo di selezione. Il ricorso presentato alla Corte di Cassazione mirava a ribaltare questa decisione, ponendo un accento particolare sulla presunta violazione delle normative relative alla privacy.

Privacy e Trasparenza nella Pubblicazione di Graduatorie
Il caso solleva una questione fondamentale: fino a che punto le istituzioni possono andare nella pubblicazione di risultati di selezioni pubbliche che potrebbero includere dati sensibili? La normativa sulla privacy stabilisce chiaramente che il trattamento dei dati personali deve essere appropriato, rilevante e non eccessivo rispetto agli scopi per cui sono raccolti e successivamente trattati. Tuttavia, la stessa normativa permette eccezioni, in particolare quando la trasparenza è essenziale per il corretto svolgimento di un procedimento amministrativo, come una selezione pubblica. In questo contesto, la Corte di Cassazione ha dovuto bilanciare il diritto alla privacy individuale con il bisogno di trasparenza e equità in processi di selezione competitivi.
L’applicazione dell’Articolo 22 del Codice della Privacy
Secondo l’articolo 22 del Codice della privacy, il trattamento di dati sensibili è soggetto a restrizioni severe, ma esistono eccezioni, in particolare quando tali trattamenti sono autorizzati da leggi che perseguono un interesse pubblico significativo. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha interpretato che la pubblicazione della graduatoria rientrava in queste eccezioni, poiché mirata a garantire la trasparenza e la correttezza della selezione pubblica. Non essendoci stata una divulgazione diretta dello stato di salute, ma solo una possibile inferenza, la Corte ha ritenuto che non ci fosse stata una violazione effettiva della normativa sulla privacy.
Il Principio del Danno “In Re Ipsa” nel Contesto della Privacy dei Dati
Il principio del danno “in re ipsa” si applica nei casi in cui il danno è presumibile dalla natura stessa dell’atto illegittimo. La candidata sosteneva che il danno alla sua privacy fosse un esempio chiaro di applicazione di questo principio. Tuttavia, la Corte ha respinto questa argomentazione, sottolineando che non ci fossero prove di un danno diretto o immediato derivante dalla pubblicazione dei punteggi, e che qualsiasi inferenza sullo stato di salute non poteva essere considerata come una violazione diretta delle norme sulla privacy.
Implicazioni e Precedenti Giuridici della Sentenza
La sentenza della Corte di Cassazione n. 30030 del 21 novembre 2024 in questo caso stabilisce un importante precedente per il trattamento dei dati personali in contesti simili. Indica che la trasparenza e la correttezza dei processi amministrativi possono giustificare la pubblicazione di dati altrimenti protetti, purché non vi sia una divulgazione diretta di dati sensibili senza esplicito consenso. Questo caso sarà certamente citato in future liti riguardanti la pubblicazione di informazioni personali in ambito pubblico, e pone un importante punto di riferimento sulla necessità di bilanciare privacy individuale e interesse pubblico nelle procedure competitive e trasparenti.