Il patto di non concorrenza è un accordo con cui il lavoratore si impegna a non svolgere attività concorrenti dopo la cessazione del rapporto di lavoro, tutelando gli interessi economici e strategici del datore.
Tuttavia, questo strumento deve rispettare precisi requisiti di validità stabiliti dall’art. 2125 del Codice Civile. In mancanza di tali elementi, il patto è nullo e privo di effetti.
Con l’ordinanza n. 10679 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito che la validità del patto richiede compenso determinato, limiti territoriali precisi e oggetto chiaro. In assenza di tali elementi, l’accordo è inefficace e non vincola il lavoratore.

I requisiti di validità del patto di non concorrenza
Affinché il patto sia valido, devono essere rispettati tre requisiti fondamentali:
a) Compenso adeguato e determinato
Il patto deve prevedere un compenso economico congruo, chiaramente stabilito o almeno determinabile ex ante, ossia conoscibile già al momento della firma.
Un importo simbolico, irrisorio o rimesso alla discrezionalità del datore di lavoro rende nullo l’accordo.
La Cassazione sottolinea che il compenso non può essere quantificato “in base all’andamento aziendale” o lasciato a future decisioni unilaterali.
b) Limiti territoriali e temporali precisi
Il patto deve indicare dove e per quanto tempo il lavoratore non può esercitare attività concorrenti.
Un ambito territoriale vago, eccessivo o modificabile unilateralmente è incompatibile con la legge.
Analogamente, la durata non può superare:
- 3 anni per i lavoratori subordinati,
- 5 anni per i dirigenti.
Un patto “a tempo indefinito” è nullo.
c) Oggetto determinato e proporzionato
L’attività vietata deve essere specificata chiaramente e collegata agli effettivi interessi del datore.
Un divieto generico (“non lavorare per aziende concorrenti”) o eccessivamente ampio limita in modo ingiustificato la libertà professionale del lavoratore e viola l’art. 41 della Costituzione.
La sentenza della Cassazione n. 10679/2024
Nel caso esaminato, un dipendente aveva sottoscritto un patto di non concorrenza con:
- compenso non determinato né determinabile al momento della firma;
- ambito territoriale indeterminato, con facoltà del datore di modificarlo unilateralmente.
La Corte di Cassazione ha dichiarato nullo il patto, ribadendo che:
“La validità del patto di non concorrenza richiede la determinazione o la determinabilità del compenso e la specificazione dell’ambito territoriale e temporale.”
La pronuncia conferma un principio chiave: l’indeterminatezza economica o territoriale compromette la validità dell’accordo e priva il datore della tutela contrattuale.
Obbligo di fedeltà e cessazione del rapporto
L’art. 2105 c.c. impone al lavoratore un obbligo di fedeltà durante il rapporto: non può divulgare notizie riservate o svolgere attività concorrenziali.
Tuttavia, questo obbligo cessa con la fine del rapporto di lavoro, salvo la presenza di un patto di non concorrenza valido.
La Cassazione chiarisce che eventuali comportamenti concorrenziali successivi alla cessazione non possono essere sanzionati se il patto è nullo o inesistente.
Implicazioni pratiche per aziende e lavoratori
Per i datori di lavoro, la sentenza conferma la necessità di redigere i patti in modo preciso, proporzionato e documentato.
Per i lavoratori, rappresenta una tutela contro patti abusivi o vessatori, spesso inseriti in contratti standard senza adeguata informazione.
È sempre consigliabile richiedere una consulenza legale preventiva, sia per chi redige il patto sia per chi lo firma, al fine di verificare la legittimità delle clausole.
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FAQ – Patto di non concorrenza
1. Il patto di non concorrenza è obbligatorio?
No, è una clausola facoltativa che deve essere accettata dal lavoratore con compenso adeguato.
2. Quanto può durare un patto di non concorrenza?
Massimo 3 anni per i lavoratori subordinati, 5 anni per i dirigenti (art. 2125 c.c.).
3. Se il compenso non è indicato, il patto è valido?
No, il compenso deve essere determinato o determinabile. In caso contrario, il patto è nullo.
4. Cosa succede se il patto è nullo?
Il lavoratore è libero di lavorare per aziende concorrenti e non deve restituire alcun importo percepito.