Nel diritto di famiglia, la separazione tra coniugi può assumere un carattere particolarmente conflittuale quando uno dei due richiede al giudice che venga dichiarata la responsabilità esclusiva dell’altro per la rottura del matrimonio. Si parla in questo caso di separazione con addebito, una figura che ha rilevanti conseguenze sia sul piano personale sia su quello patrimoniale. Ma chi deve provare che cosa? Su chi grava l’onere di dimostrare i fatti e le loro implicazioni giuridiche? Vediamo punto per punto.

Il significato giuridico dell’addebito nella separazione
L’addebito consiste in una dichiarazione giudiziale di responsabilità, che accerta se uno dei coniugi ha violato i doveri nascenti dal matrimonio e se tale violazione è stata causa diretta e determinante della crisi coniugale. È disciplinato dall’art. 151, secondo comma, del Codice Civile.
L’addebito non è automatico: richiederlo significa avviare un contenzioso dentro al processo di separazione, volto a dimostrare che la crisi non è frutto di un’evoluzione naturale del rapporto, bensì della condotta unilaterale e colpevole dell’altro coniuge. Le conseguenze principali sono:
- perdita del diritto all’assegno di mantenimento da parte del coniuge ritenuto responsabile;
- possibilità, in casi specifici, di agire per il risarcimento del danno morale.
La regola generale sull’onere della prova
Come stabilito da consolidata giurisprudenza, tra cui l’ordinanza Cass. 22291/2024, l’onere della prova grava su chi richiede l’addebito. In altri termini, è il coniuge che formula la domanda a dover dimostrare:
- la violazione di uno o più doveri coniugali (fedeltà, coabitazione, assistenza, collaborazione);
- il nesso causale tra tale violazione e l’intollerabilità della convivenza.
Non basta dunque provare, ad esempio, che il partner ha avuto una relazione extraconiugale: occorre dimostrare che questa è stata la causa effettiva della rottura, e non un effetto o una manifestazione di una crisi preesistente.
Il principio è chiaro: chi allega un fatto costitutivo della propria pretesa (ad esempio l’infedeltà coniugale) deve fornire la prova sia del fatto stesso, sia della sua rilevanza causale rispetto alla crisi matrimoniale.
L’onere della prova nei casi di infedeltà
Tra le ipotesi più frequenti di addebito c’è senza dubbio il tradimento, che rappresenta una violazione del dovere di fedeltà previsto dall’art. 143 c.c. Tuttavia, l’orientamento costante della Corte di Cassazione ha chiarito che l’infedeltà non è di per sé sufficiente per l’addebito.
Perché possa determinare l’addebito, il tradimento deve aver avuto un impatto causale nella disgregazione del rapporto, come ribadito dalla Cass. 22291/2024. In particolare:
- se la relazione extraconiugale è avvenuta quando la coppia era già in crisi, l’addebito non è giustificato;
- al contrario, se la crisi è stata provocata dal tradimento, allora può essere legittimamente attribuita la responsabilità al coniuge infedele.
Un altro aspetto significativo riguarda la sufficienza della prova. Secondo la Cassazione, anche una sola fotografia può giustificare l’addebito, a condizione che non venga confutata da elementi concreti o da una spiegazione alternativa plausibile. Questo dimostra che, in materia di prova, la qualità prevale sulla quantità, purché la dimostrazione sia coerente e non venga efficacemente contestata.
Che tipo di prove sono ammesse nel processo
Nel procedimento di separazione, le prove ammesse sono varie e includono sia quelle documentali, sia quelle testimoniali, oltre a strumenti più tecnici come relazioni di investigatori privati. Rientrano tra le prove utilizzabili:
- fotografie, video e screenshot di messaggi (anche tratti da social o chat);
- e-mail o comunicazioni scritte;
- testimonianze dirette di persone informate dei fatti;
- documenti bancari, telefonici o relativi agli spostamenti.
Un capitolo a parte è rappresentato dalle cosiddette prove illecite. La giurisprudenza ammette, con prudenza, anche elementi probatori raccolti senza consenso del coniuge (es. e-mail lette da account condivisi, registrazioni non autorizzate), quando questi siano decisivi per la tutela di diritti fondamentali e non violino la dignità della persona. In ambito civile, infatti, il diritto alla prova può talvolta prevalere sul diritto alla riservatezza, specie nei contesti familiari.
È bene ricordare, tuttavia, che le prove devono essere coerenti tra loro, pertinenti rispetto all’oggetto del giudizio e verificabili nella loro attendibilità. I tribunali, in particolare, prestano grande attenzione al contesto in cui il fatto si è verificato e alla possibilità di una ricostruzione univoca.
Le responsabilità probatorie di entrambe le parti
Nel processo per separazione con addebito, l’onere della prova non è mai unidirezionale. Se da un lato il coniuge che chiede l’addebito deve dimostrare la violazione e la sua incidenza causale, dall’altro lato il coniuge accusato può – e deve – difendersi attivamente, fornendo una prova contraria.
Questo significa, ad esempio, che il coniuge infedele potrà evitare l’addebito se riesce a dimostrare che:
- la crisi matrimoniale era già in atto prima del tradimento;
- il comportamento contestato non ha avuto rilevanza causale nella rottura;
- le accuse sono strumentali o pretestuose.
In pratica, si crea una dialettica probatoria dove entrambi i coniugi devono dimostrare, con coerenza e tempestività, le rispettive versioni dei fatti. Il giudice, a sua volta, è tenuto a motivare in modo analitico le ragioni per cui ritiene attendibili – o meno – le prove fornite dalle parti.