La sentenza n. 4936/2025 della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione affronta una vicenda che, per la frequenza con cui può verificarsi nelle dinamiche aziendali, merita un approfondimento strutturato. Si tratta di un caso di licenziamento per giusta causa, irrogato in seguito a condotte del lavoratore considerate in violazione grave degli obblighi contrattuali: falsificazione delle registrazioni sui dispositivi aziendali, utilizzo improprio dell’autovettura di servizio, soste non giustificate durante l’orario di lavoro e trasporto di persone estranee. La questione giuridica centrale risiede nella legittimità dei controlli effettuati dal datore di lavoro tramite dispositivi elettronici e agenzie investigative e nella proporzionalità della sanzione espulsiva.
Dal punto di vista normativo, l’intero impianto della decisione si fonda sull’art. 2119 c.c. e sull’art. 4 della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), con richiamo anche al contratto collettivo di settore (CCNL gas e acqua) e alle pronunce giurisprudenziali più recenti in materia di controlli difensivi e disciplina del recesso.

Il controllo attraverso strumenti aziendali: il ruolo dell’I-Pad
Uno degli elementi centrali del caso è l’utilizzo da parte del datore di lavoro dei dati inseriti direttamente dal lavoratore in un dispositivo aziendale, l’I-Pad, attraverso cui venivano registrate le attività svolte giornalmente. La Corte sottolinea un punto di rilievo: non si è trattato di un controllo a distanza finalizzato a vigilare sul rendimento del dipendente, bensì della verifica della veridicità dei dati forniti dallo stesso lavoratore.
Ciò permette alla Corte di escludere l’applicabilità del divieto di cui all’art. 4, comma 1, dello Statuto dei Lavoratori. In sostanza, se è il dipendente a gestire autonomamente il sistema informatico che attesta le attività svolte, allora non si è in presenza di un controllo datoriale, bensì di un’attività di riscontro su quanto comunicato dal lavoratore. La falsità delle informazioni inserite costituisce pertanto un illecito disciplinare autonomo e diretto.
I controlli difensivi tramite agenzia investigativa: legittimità e limiti
Altro punto centrale dell’ordinanza è l’ammissibilità dei controlli effettuati tramite un’agenzia investigativa. Il lavoratore aveva contestato la violazione degli articoli 2 e 3 dello Statuto dei Lavoratori, che limitano l’impiego di soggetti terzi per la vigilanza dell’attività lavorativa. La Corte, tuttavia, ribadisce un orientamento consolidato: i controlli difensivi sono legittimi se finalizzati ad accertare condotte fraudolente o penalmente rilevanti, anche qualora queste si verifichino durante l’orario di lavoro o al di fuori dei locali aziendali.
Nel caso concreto, la presenza del lavoratore in esercizi pubblici, l’uso improprio del mezzo aziendale e l’abbandono dei cantieri prima dell’ultimazione dei lavori sono stati considerati gravi violazioni contrattuali, tali da configurare un danno effettivo per l’impresa. Di conseguenza, il ricorso all’agenzia è stato ritenuto proporzionato e giustificato.
La proporzionalità della sanzione e l’inapplicabilità del principio di affissione
La Corte affronta anche la questione della proporzionalità della sanzione espulsiva, valutandola alla luce dell’art. 21 del CCNL di riferimento. Tale norma prevede espressamente il licenziamento senza preavviso nei casi di falsa attestazione della presenza in servizio o alterazione dei sistemi di rendicontazione. La decisione sottolinea come tali condotte, per la loro gravità intrinseca, superino la soglia della mera irregolarità formale.
Sul piano procedurale, è interessante rilevare che la Suprema Corte ha ritenuto inapplicabile l’obbligo di affissione del codice disciplinare. In linea con il consolidato principio di immediata percepibilità dell’illecito, si afferma che la falsificazione di dati e l’appropriazione indebita di risorse aziendali rientrano nel “minimo etico” atteso da ogni lavoratore. Pertanto, anche in assenza di specifica pubblicazione del codice interno, il comportamento è comunque sanzionabile.
Le implicazioni per le imprese: linee guida operative e cautele
L’ordinanza offre una serie di indicazioni utili per le imprese che intendano strutturare controlli efficaci, senza incorrere in violazioni procedurali. In primo luogo, è fondamentale distinguere tra strumenti utilizzati per rendere la prestazione (come l’I-Pad nel caso di specie) e sistemi di controllo a distanza: i primi non necessitano delle garanzie previste dall’art. 4, comma 1, della L. 300/1970, purché il loro impiego sia trasparente e riconducibile all’attività lavorativa del dipendente.
In secondo luogo, il ricorso ad agenzie investigative deve essere sempre supportato da un sospetto fondato di comportamento illecito, da intendersi anche come sospetto qualificato e documentabile. Le investigazioni non possono sostituirsi al controllo ordinario del lavoro, ma si configurano come risposta a possibili frodi.
Infine, le imprese devono prestare attenzione alla redazione dei codici etici, delle procedure aziendali e delle policy disciplinari. Anche se, come in questo caso, la loro mancata affissione non preclude l’irrogazione del licenziamento per comportamenti manifestamente illeciti, è sempre consigliabile disporre di un apparato regolamentare chiaro e comunicato.